Quel che vi
serve sapere: Il Leopardo Nero si è scontrato con la misteriosa Anastasia,
killer assoldata da Vlad l’Impalatore, boss di un’organizzazione criminale che
traffica in esseri umani, ed è stato apparentemente ucciso.
Nel frattempo la sua compagna Okoye, ha catturato Zebra Daddy che forse
ha importanti informazioni su Vlad.
Intanto in Wakanda, M’Koni, la nuova Pantera Nera, deve affrontare nemici
interni ed esterni.
Di Carlo
Monni
(con tanti ringraziamenti
a Carmelo Mobilia e Mickey)
Capitolo 17
La guerra a
casa
Capitale
della Repubblica di Bangalla, qualche tempo fa.
Lumanda Luaga, Presidente di questo piccolo
Stato incastonato tra il Lago Vittoria ed il Kenya, fece un sospiro di sollievo
quando la persona che stava aspettando entrò nel suo ufficio. Si alzò dalla sua
poltrona e le rivolse un sorriso cordiale per poi dire:
<Sono lieto che abbia risposto al mio
appello.>
<Lei mi chiama di rado ma quando lo fa è
sempre per un motivo molto serio, per cui eccomi qui.> fu la risposta.
<Ed anche stavolta è così. Immagino che
sappia chi è Joshua N’Dingi.>
<Il Dottor Crocodile. È veramente un
Dottore. Ha un Ph. D[1]
in Biotecnologie ottenuto a Oxford. Inoltre è il capo ereditario dei Mbangawi
ed è stato Presidente dell’omonimo Stato finché questo non si è unito alla
Rudyarda ed al Dabar per formare la Federazione Panafricana di cui lui stesso è
Presidente provvisorio in attesa di regolari elezioni… che potrebbero anche non
tenersi mai. È lui il problema?>
<Ci ha offerto di unirci alla sua
Federazione… un’offerta che ha il sapore di un ultimatum. Se dovessimo
rifiutare sicuramente verremmo invasi e le forze armate del Bangalla per quanto
preparate siano, non sono all’altezza di resistere a quelle della Federazione.
Non intendo cedere ma nemmeno causare lutti al popolo che ho giurato di
servire. Mi resta un’ultima carta da giocare: lei.>
<Crede davvero che io sia in grado di
fermare Crocodile?>
<Credo che nessun altro possa. Una volta lo
avrei detto anche della Pantera Nera ma dopo la morte di T’Challa[2] non so
se lo potrò dire del suo successore. Lei e la sua famiglia avete protetto gli
innocenti in questa parte di mondo per secoli. L’ho vista in azione, so di cosa
è capace. Sì, sono convinto che lei possa farcela.>
<Cercherò di dimostrarmi all’altezza
allora. Comincerò immediatamente.>
<Non mi dica che ha già un piano.>
L’ospite di Luaga abbozzò un sorriso e
rispose:
<Forse.>
Palazzo
Reale di Wakanda, adesso.
M’Koni, l’attuale Pantera Nera, correva verso
la palestra con la tipica ansia di una madre preoccupata per il proprio figlio.
<Avanti, Billy, rispondi.> borbottò tra
sé.
Niente da fare: il comunicatore incorporato
nella maschera rimase desolatamente silenzioso. M’Koni fece un tentativo in
un’altra direzione:
<W’Kabi, mi senti?>
Nessuna risposta, solo altro silenzio. Questo
poteva voler dire una cosa sola: qualcosa aveva interrotto le comunicazioni ed
il palazzo era sotto attacco. Erano tutti in pericolo. Billy era in pericolo ma
se qualcuno avesse cercato di fargli del male lei lo avrebbe fatto pentire
amaramente.
Abitazione di Vlad Dinu, Upper West Side, Manhattan,
New York.
Vlad Dinu era un immigrato ma, diversamente
da tanti poveracci che si arrabattavano a cercare un mezzo per entrare negli
Stati Uniti inseguendo un miraggio di benessere, non era arrivato attraverso un
tunnel sotterraneo o su un furgone stracolmo di disperati. No, lui era arrivato
comodamente seduto in prima classe su un jet di linea e non aveva bisogno di
inseguire sogni di ricchezza, era già ricco anche se la sua ricchezza non era
stata ottenuta con mezzi leciti, ma questo per molti e specialmente per il
governo americano doveva rimanere un segreto.
Negli Stati Uniti si era fatto una posizione
frequentando i migliori salotti e le persone giuste. Aveva anche conosciuto una
giovane aspirante modella di nome Angela che aveva pressappoco l’età di suo
figlio Nicolae e dopo un breve ma serrato corteggiamento l’aveva sposata
divenendo poi padre per la seconda volta di un bel maschietto che era stato
chiamato Gabriel.
Angela ignorava quali fossero i veri affari
del marito ma lo avrebbe scoperto presto.
La famiglia era riunita per la prima
colazione quando suonò il campanello e poco dopo una cameriera tornò dicendo:
<C’è la Polizia.>
<La Polizia?> esclamò Angela <Ma
cosa vuole?>
<Glielo spiego subito.>
A parlare era stata una donna dai capelli
rossi e l’espressione dura affiancata da altre due donne bionde.
<Lei chi è e come si permette di irrompere
così in casa mia?> esclamò Vlad con rabbia malcelata.
<Sono il Tenente Molly von Richthofen del
Dipartimento di Polizia di New York, divisione Buoncostume e queste con me sono
l’Agente Speciale Katherine Carter dell’I.C.E.[3] e
l’Agente Speciale Donna Brandon del F.B.I. e siamo qui per arrestarla per vari
reati statali e federali tra cui sfruttamento della prostituzione, sequestro di
persona e violazione delle leggi sull’immigrazione. Ora le leggerò i suoi
diritti.>
Angela Dinu era letteralmente sbalordita.
<Che state facendo?> esclamò <Ci
deve essere un errore.>
<Nessun errore, Signora, mi dispiace per
lei.> replicò la Von Richthofen poi si rivolse a Vlad <Ci segua senza
fare storie.>
Lui si lasciò ammanettare senza opporre
resistenza mentre gli venivano letti i suoi diritti. Alla fine Molly gli
rivolse la domanda di rito:
<Ha capito bene quali sono i suoi
diritti?>
<Li ho capiti benissimo, non sono uno
stupido.> rispose Vlad, poi disse alla moglie <Non preoccuparti, Angela,
è tutto un equivoco. Devono avermi scambiato per qualcun altro. Il mio avvocato
mi farà uscire prima di sera.>
Molly Von Richthofen borbottò qualcosa che
Angela non capì poi suo marito fu portato fuori dalla casa e caricato su
un’auto lasciando la giovane donna ad abbracciare il suo bambino ponendosi
mille domande.
Palazzo
Reale di Wakanda.
Se c’era una cosa che un membro del Clan
della Pantera imparava alla svelta era che la vita è piena di pericoli. Khanata
lo aveva imparato a sue spese da tempo. Certo avrebbe preferito i rischi di una
partita di blackjack nel casinò di Montecarlo o la sfida della velocità nelle
curve del circuito di Formula Uno di quella stessa città piuttosto che dover
affrontare nudo come un verme uno sconosciuto avversario ma la vita raramente
ti offre scelta.
Quello che era apparso sulla soglia della
sala idromassaggio del palazzo era un uomo alto che indossava un costume nero,
rosso e verde. Non era un wakandano, questo era certo. Poteva essere di etnia
Xhosa, non che importasse molto nella presente situazione.
Folami, una delle Dora Milaje assegnate a
Khanata come guardie del corpo personali, scattò verso le sue armi ma dalle
dita del nuovo venuto uscì un lampo che la colpì gettandola a terra.
<Folami!> urlò Khanata correndo verso
di lei.
<È solo stordita ma avrei potuto ucciderla
se avessi voluto e potrei fare lo stesso con te, Principe, se non te ne stai
buono.> disse l’uomo.
Parlava con l’accento della ex Rudyarda che
ora si chiamava Kitara ed era uno degli Stati della Federazione Panafricana.
Questo spiegava molte cose, pensò Khanata.
<Lavori per Crocodile.> disse.
Un’affermazione, non una domanda, la domanda arrivò dopo <Chi sei?>
<Puoi chiamarmi Askari la Lancia, sono un
mutante e quale sia il mio potere lo hai visto.>
<E lavori per Crocodile.> ribadì Khanata
<Perché?>
<Lui è il futuro. Ha liberato il mio paese
dalla servitù imposta dai bianchi, ha spento gli odi etnici e ci ha fatto
sentire parte di un unico popolo.>
<Ed ora vuole conquistare il Wakanda.>
<Il tuo popolo starà meglio sotto il suo
governo. Ora basta con le chiacchiere e lasciati legare.>
Khanata scattò improvvisamente con l’agilità
del felino che dava il nome al suo clan sferrando un calcio al mento del suo
avversario. Sapeva di dover agire rapidamente senza dargli tempo di usare le
sue micidiali lance di energia e lo colpì di taglio al pomo d’Adamo. Askari si
afflosciò.
<Pensavi che solo perché mi piace la bella
vita non fossi capace di combattere? sbagliavi.> affermò Khanata.
Un gemito lo informò che Folami si stava
riprendendo. Si chinò su di lei per aiutarla.
<Faccio da sola.> disse lei con
orgoglio.
Si alzò, fissò l’uomo a terra e chiese:
<Cos’è successo?>
Khanata
glielo spiegò in poche parole mentre lei si rivestiva e lui provvedeva a legare
Askari. Infine disse:
<Devi avvertire il resto delle Dora
Milaje.>
<Ci sto provando ma le comunicazioni sono
interrotte.>
<Opera di Crocodile senza dubbio e questo
significa un attacco su larga scala. Forse dovremo cavarcela da soli.>
Mentre parlava Khanata aveva aperto un
armadio, ne aveva estratto un costume simile a quello della Pantera Nera ed
aveva cominciato ad indossarlo.
<Che intendi fare?> gli chiese Folami
<Semplicemente il mio dovere di Pantera
Nera Sostituita. Nulla di più.> rispose lui calandosi la maschera sul volto.
Manhattan,
New York City.
Fu il trillo insistente del suo telefono
cellulare a svegliare Nicolae Dinu quel mattino.
Sì, pronto?> biascicò ancora mezzo
addormentato.
Le parole che sentì lo svegliarono
completamente.
<Cosa?> esclamò passando
istantaneamente dall’Inglese al Rumeno <Ne sei sicura? Certo che ti credo è
che… arrivo immediatamente. Tu chiama l’avvocato.>
Nicolae chiuse la telefonata e balzò giù dal
letto per poi vestirsi rapidamente.
<Problemi?>gli chiese, in un Inglese
appena venato da un accento dell’Est Europa, la donna con cui aveva passato la
notte, una bruna attraente dai capelli corti che poteva avere una decina di
anni più di lui.
<Questioni di lavoro che purtroppo
richiedono la mia attenzione immediata, mia cara Sasha. Mi dispiace ma devo
andarmene immediatamente.>
<Peccato. Ho molto apprezzato il modo in
cui abbiamo reso più personale il nostro rapporto d’affari.>
<Beh, nulla ci vieta di ripetere l’esperienza
quando le cose saranno più calme. Ora, però devo proprio andare.>
Nicolae finì di vestirsi, la baciò ed uscì
lasciandola sola.
La donna che si faceva chiamare Sasha
Montenegro rimase a riflettere. Nicolae non aveva alcun bisogno di sapere che
lei comprendeva benissimo il Rumeno e che aveva capito quasi tutto della
conversazione concitata che Nicolae aveva avuto con una donna di nome Vera.
E così il famigerato Vlad l’Impalatore era
stato arrestato. Un’informazione interessante. Magari avrebbe potuto tornarle
utile in futuro. Le occorrevano alcune informazioni in più e sapeva come
trovarle. Prese il telefono e compose un numero.
Giardini
del Palazzo Reale di Wakanda,
Con un gesto istintivo S’Yan si interpose tra
la Regina Vedova Ramonda e la donna in costume azzurro apparentemente comparsa
dal nulla.
<Che bel gesto.> commentò quest’ultima
<Sei davvero un cavaliere d’altri tempi, Principe S’Yan. Moriresti davvero
per lei? Sarebbe interessante scoprirlo.>
<Se sei qui per ucciderci, risparmia i
discorsi e fai in fretta.> ribattè S’Yan.
<Se i miei ordini fossero di uccidervi, lo
avrei già fatto. Siete prigionieri di guerra, diciamo.
<Guerra con chi? No, non serve che tu me
lo dica. Solo Joshua N’Dingi sarebbe abbastanza megalomane da attaccare il
Wakanda e sperare di avere successo dove tutti prima di lui hanno fallito.>
<Bravo.> la donna fece un sorriso
cattivo <Ora, per favore, non opporre resistenza o sarò costretta a
diventare davvero cattiva.>
S’Yan rimase silenzioso.
Manhattan, New York City.
Bridget Hapanmyas non
l’avrebbe mai ammesso con nessuno, forse nemmeno con se stessa, ma era nervosa.
Adesso che non aveva più la protezione dell’immunità dei Capi di Stato ogni
minuto contava. Sapeva che la Corte Penale Internazionale aveva emesso un
mandato di cattura nei suoi confronti e la sola cosa che l’aveva salvata finora
era che gli Stati Uniti non aderivano a quell’organismo ma se l’avessero
espulsa…
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dallo
squillo del suo cellulare. Che fosse la chiamata che stava aspettando?
<<Mrs. Hapanmyas, scenda nel parcheggio
dell’hotel. Troverà una limousine nera ad aspettarla. Ha dieci minuti. Porti
con sé i suoi bagagli ed il resto dei diamanti per il pagamento del
passaggio.>>
La voce maschile interruppe la comunicazione
e Bridget si rivolse al figlio che sedeva in una poltrona stringendo in mano il
cellulare.
<Piantala di giocare con il telefono, è
ora di andare
Ibrim Hapanmyas alzò gli occhi verso la madre
e borbottò un:
< Va bene.>
Bridget sospirò il destino le aveva dato un
figlio stupido ed ormai c’era poco da fare.
Pochi minuti dopo i due Hapanmyas e la loro
guardia del corpo, il massiccio Jerik, erano nel parcheggio sotterraneo. La
limousine era puntuale. Un autista grosso quanto Jerik lo aiutò a sistemare i
bagagli mentre Bridget ed il figlio si accomodavano nella vettura. Ad
accoglierli c’era un afroamericano sulla quarantina, barbetta e baffi appena
brizzolati che portava occhiali con montatura di tartaruga.
<Buongiorno Mrs. Hapanmyas, spero che lei
e suo figlio vi siate goduti il vostro ultimo giorno sul suolo americano.>
disse.
<Non mi aspettavo una tale rapidità.>
replicò Bridget.
<La mia organizzazione è molto
efficiente.> ribattè John James Toomey, braccio destro di Morgan, il boss
del crimine di Harlem <Un jet vi sta aspettando per portarvi in un luogo
sicuro… sempre che, ovviamente, lei tenga fede alla sua parte dell’accordo.>
Bridget estrasse dalla borsetta un sacchetto
che porse a Toomey dicendo:
<Questo è il resto dei diamanti grezzi che
le avevo promesso. Come le ho già detto, facendoli tagliare ne ricaverà dieci volte tanto.>
Toomey
sorrise e ripose il sacchetto in una valigetta.
L’auto uscì all’aperto e fu in quel momento
che un’agile figura balzò sul tettuccio.
Birmin
Zana, Capitale del Wakanda. Esterno del Palazzo Reale.
W’Kabi doveva ammettere che si sentiva
frustrato ed anche arrabbiato. Il Palazzo Reale era circondato da un campo di
forza apparentemente impenetrabile e tutte le comunicazioni erano saltate,
chiunque fosse rimasto all’interno avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Non era il solo problema ovviamente: il
Wakanda era sotto attacco di forze straniere che stavano approfittando del
blackout dei mezzi di comunicazione contando sulla mancanza di informazioni
delle forze armate del Wakanda.
Come la sua regina W’Kabi non aveva dubbi su
chi fosse il responsabile di tutto questo. Fu il neo Primo Ministro Taku a dar
voce alle sue ipotesi.
<È Crocodile, non è vero?>
<Puoi scommetterci la testa, vecchio
amico.>
<Si è mosso più in fretta di quanto
avessimo previsto.>
<È sempre stato un accorto bastardo ma non
gli basterà. Cercando di mordere il Wakanda si spezzerà i denti come tutti
quelli che lo hanno preceduto.>
<Taku apprezzava l’ottimismo ostentato da
W’Kabi ma ciononostante era preoccupato. Certo: le forze armate erano preparate
ad agire anche in caso di blackout delle comunicazioni ed il nemico non avrebbe
avuto vita facile ma il Palazzo Reale rimaneva isolato. M’Koni era piena di
buona volontà ma era ancora una novellina, Khanata non era abituato a
combattere e S’Yan era semplicemente troppo vecchio. Anche con l’aiuto delle
Dora Milaje avrebbero avuto non pochi problemi.
<Mi scusi, Signor Primo Ministro…>
Taku si riscosse dai suoi cupi pensieri.
Intorno al palazzo si era radunata una piccola folla. Molti erano i giornalisti
stranieri a caccia di notizie per i loro giornali o reti televisive. Dalla
faccia di W’Kabi si capiva benissimo che avrebbe preferito cacciarli a colpi di
lancia ma Taku sapeva bene che irritare i media non era affatto una buona
politica.
<Fate pure le vostre domande, signori e
signore…> disse <… ma vi prego di essere brevi. C’è una crisi in atto e
la mia prima preoccupazione è per essa.>
Fu una ragazza dai capelli castani molto
chiari che indossava una camicetta verde e pantaloni marroni a parlare per
prima:
<Kitty Walker, United Press. Si dice che
truppe della Federazione Panafricana abbiano invaso il Wakanda con l’intento di
annetterlo? È vero?>
<Al momento, Miss Walker, non sono in
grado né di confermare né di smentire questa notizia ma posso dire questo a lei
ed ai suoi colleghi: ci sono stati molti tentativi di invadere il Wakanda e
sottometterlo da parte di vicini bellicosi o potenze straniere e tutti sono
miseramente falliti. Non ho alcun dubbio che se un simile attacco fosse in
corso in questo momento, l’esito sarà lo stesso.>
E per il momento Taku poteva solo augurarsi
di aver ragione.
Palestra
del Palazzo Reale.
Billy Wheeler, o T’Chanda come lo chiamavano
in Wakanda, non poteva crederci ma purtroppo non c’erano dubbi: l’uomo nell’armatura
delle forze aeree speciali wakandane era davvero…
<Papà?>
<<Billy?>> esclamò l’uomo
sconcertato. Era evidente che non si aspettava di incontrare il figlio proprio
lì.
<Sì, sei proprio Wheeler.> intervenne
l’anziano ma ancora robusto Zuri <L’uomo che T’Challa ha imprudentemente
perdonato già una volta. È così che ripaghi la sua generosità? Tradendo il tuo
stesso figlio?>
<<Io…>> cominciò a dire l’uomo ma
non completò la frase.
In quel momento una figura aggraziata vestita
del costume della Pantera Nera entrò di corsa nella palestra. Fermandosi quando
anche lei riconobbe l’uomo in armatura.
<George?> esclamò.
<<Proprio io, Mary.>> replicò il
suo ex marito <<Sorpresa di vedermi?>>
<Sorpresa di vedere che ti sei venduto a
Crocodile e che minacci il tuo stesso figlio.> ribatté M’Koni.
<<Non farei mai del male a Billy, lo
sai. Lui e gli altri possono andare. Tu rimani, abbiamo ancora degli affari in
sospeso io e te.>>
<Come vuoi, io non mi sottraggo ai miei
doveri… a differenza di te.> M’Koni si rivolse a Zuri <Ti affido mio figlio,
difendilo con la tua stessa vita.>
<Lo farò, Mia Sovrana.>
<No, mamma, io non ti lascio!> gridò
Billy.
<E invece lo farai :> disse la sua
anziana biscugina Zuni prendendolo per un braccio e trascinandolo via.
<Mia Signora…> cominciò a dire la leader
della squadra di Dora Milaje che si trovava nella stanza.
<Andate con loro e non lasciateli soli
nemmeno per un istante.> ordinò M’Koni.
<Ma…>
<È un ordine!> la zittì M’Koni con la
voce più autoritaria che riuscì a fare <Me la caverò da sola. Questa è una
questione personale.>
Molto personale.
Manhattan, New York, Tribunale Federale.
Vlad Dinu ostentava calma e tranquillità
stando in piedi al banco della Difesa come se ciò che stava accadendo non lo
riguardasse.
Una volta che il Cancelliere ebbe finito di
chiamare la causa il giudice chiese:
<L’imputato ha un difensore?>
<Certo che ce l’ha.> disse con voce
stentorea una giovane donna dai capelli neri e corti che indossava un tailleur
gessato nero entrando a passo di marcia nell’aula e posizionandosi accanto a
Dinu <Jeri Hogarth per la difesa.> si presentò.
<Vedo, Miss Hogarth che ama le entrate ad
effetto.> le si rivolse il giudice <Un vizio che ha anche suo padre.>[4]
<Una delle poche cose che abbiamo in
comune, lo ammetto.> replicò Jeri <Ma non siamo qui per parlare di me, ma
di Mr. Dinu, un onesto imprenditore accusato ingiustamente.>
<Niente affatto!> scattò il Pubblico
Accusatore, una donna anche lei <Ho depositato una testimonianza giurata che
dettaglia le attività illegali di Mr. Dinu e lo identifica come il capo
criminale noto con il soprannome di Vlad l’Impalatore.>
Di malavoglia passò dei fogli a Jeri che li
scorse rapidamente.
<Vlad è un nome abbastanza comune in
Romania. Non significa che io sia quell’uomo.> disse pacatamente Dinu.
<La cosiddetta testimonianza proviene da
un uomo arrestato più volte per sfruttamento della prostituzione, un notorio
pappone. Avendo l’opportunità di interrogarlo demolirei la sua attendibilità in
meno di cinque minuti.> intervenne Jeri.
<Opportunità che avrà indubbiamente in
dibattimento. Nel frattempo lor signore vorrebbero formulare le loro
richieste?>
<Chiedo che sia confermata la detenzione
fino alla fine del processo.> concluse l’Accusa.
<Libertà sotto propria responsabilità o,
in alternativa, libertà su cauzione.> replicò Jeri.
Il giudice studiò le carte ed infine disse.
<Cauzione di cinque milioni di dollari. Modalità
consuete.>
Jeri si permise un sorriso di soddisfazione.
Giardini
del Palazzo Reale di Wakanda.
Chi conosceva bene S’Yan avrebbe visto nel suo
sguardo una determinazione non comune. Valutò rapidamente la situazione. Se
fosse stato di vent’anni più giovane e non ci fosse stata Ramonda avrebbe
potuto affrontare la sconosciuta e la piccola squadra che stava arrivando a
sostenerla e vincere ma adesso…
<So cosa stai pensando, vecchio, ma non ci
riusciresti. > disse la donna che li stava minacciando.
<E che ne dici di me?>
Una figura in un costume da Pantera Nera ma
che lasciava scoperta la parte inferiore del viso balzò nel giardino dal ramo
di un albero ed afferrò la misteriosa straniera per un polso.
<Khanata!> esclamò Ramonda.
Manhattan, New York, City. Upper West Side.
L’uomo entrò nella casa di arenaria forzando
facilmente una finestra. Il sistema d’allarme non scattò. L’uomo sorrise. Il
microscopico congegno da lui stesso progettato aveva funzionato perfettamente.
Si guardò intorno e vide finalmente ciò che
era venuto a cercare. Lo prese e si preparò ad aspettare il ritorno dei padroni
di casa.
Manhattan, New York, City. Civic Center.
Vlad Dinu e Jeri Hogarth uscirono dal tribunale
federale e lui disse:
<Ha fatto un ottimo lavoro, Miss Hogarth.
Merita ogni centesimo della sua parcella.>
<La ringrazio ma devo anche avvertirla che
siamo solo all’inizio.> replicò Jeri <Nonostante quello che ho detto in
aula, l’Accusa ha buone carte e non potremo evitare il processo anche se una
condanna è tutt’altro che certa ovviamente.>
<Sono certo che saprà fare il suo lavoro,
ora mi scusi ma è arrivata la mia auto.>
Vlad salutò Jeri e salì sulla limousine appena
arrivata. All’interno lo attendevano suo figlio Nicolae e la sua socia Vera
Kostantin.
<Allora, cos’è successo?> chiese Vera.
<Quel verme di Zebra Daddy si è fatto
catturare e mi ha tradito.> rispose Vlad.
<Dovrà morire.> sentenziò Vera.
<Indubbiamente e prima di poter
testimoniare contro di me in tribunale. La mia avvocatessa si dice sicura di
poter invalidare la sua testimonianza ma io non intendo correre rischi. Senza
contare che nessuno può tradirmi e continuare a vivere.>
<Pensi che se ne possa occupare la stessa
assassina che ci ha sbarazzato del Leopardo Nero?> chiese Vera a Nicolae.
<Non lo so Proverò a chiederglielo.>
rispose lui <Per il giusto prezzo probabilmente sì.>
Vlad non disse niente ma per Vera che lo
conosceva molto bene era ovvio che aveva in mente qualcosa e non era
sicuramente niente di buono. Vera era una donna crudele e spietata ma quello
sguardo metteva paura anche a lei. In quei momenti Vlad sembrava davvero la
reincarnazione dell’uomo che secoli prima aveva governato con pugno di ferro la
sua natia Valacchia e che le leggende volevano essere diventato un vampiro.[5] In quei
momenti Vlad Dinu meritava davvero il soprannome di Vlad l’Impalatore.
L’auto arrivò alla villa in arenaria che era
la sede della loro organizzazione criminosa oltre che l’abilitazione di Vera.
Mentre l’autista parcheggiava la limousine,
Vlad e gli altri due entrarono in casa.
<Che strano.> borbottò Nicolae
<Avevo lasciato la maschera del Leopardo Nero proprio qui sul canterano.
L’hai spostata tu, Vera?>
<No, perché avrei dovuto?> rispose la
donna
Dal vicino salotto arrivò una voce stentorea
che disse:
<L’ho preso io.>
Tre teste si volsero verso il salotto e nel
vedere l’uomo in costume nero comodamente seduto su una poltrona tre voci
esclamarono quasi all’unisono:
<Il Leopardo Nero?>
CONTINUA
NOTE
DELL’AUTORE
Ok, lo so che nessuno di voi miei
meno di 25 lettori aveva davvero creduto che il Leopardo Nero, alias T’Challa,
fosse davvero morto ed io di certo non mi aspettavo che rimaneste sorpresi.
Ma ora passiamo alle note:
1)
Wheeler, a cui mi sono permesso di dare
un nome proprio che la sua creatrice non aveva voluto dargli, è stato creato,
come M’Koni e suo figlio Billy, da Ann Nocenti & Chuck Patton su Daredevil
#245 datato agosto 1987.
2)
Chi è il misterioso personaggio che
abbiamo visto all’inizio? Lo scoprirete e spero che sia davvero una sorpresa
gradita.
3)
Jeri Hogarth, figlia di Jeryn Hogarth, è
ispirata all’omonimo personaggio del serial televisivo Daredevil a cui
assomiglia in tutto a parte l’età. La nostra ha, infatti, intorno ai
trent’anni.
Nel
prossimo episodio: prosegue l’attacco dell’Unione Panafricana al Wakanda ma
arriva il contrattacco; M’Koni ed il suo ex marito arrivano alla resa dei
conti; Bridget Hapanmyas
scopre che non è sempre facile scappare, il Leopardo Nero si confronta con Vlad
l’Impalatore ed in più… beh lo scoprirete solo leggendo. -_^
Carlo
[1] Philosophiae Doctor, il
massimo titolo di studio ottenibile nelle università anglosassoni.
[2] Il Mondo crede che T’Challa
sia morto, ucciso dal malvagio Leone Nero.
[3] Immigration an Customs
Enforcement
[4] Jeryn Hogarth, storico
avvocato di Daniel Rand alias Iron Fist.
[5] E che ovviamente è
Dracula.